lunedì 3 gennaio 2022

RIDUZIONE SFORZO DI PESCA DAL 1° GENNAIO: MARINERIA A RISCHIO DEFAULT

Dal 1° gennaio del 2022 viene applicata la riduzione dello sforzo di pesca per una parte della flotta italiana che si troverà a poter pescare per soli 120 giorni sui 365 annui. Per molte imprese di pesca un così basso numero di giornate lavorative portano le attività a non essere più economicamente sostenibili. E, altra conseguenza diretta sarà l’integrazione del prodotto italiano con altro prodotto proveniente da marinerie straniere. Nonostante inizialmente sembrava ci fosse l’intenzione di salvaguardare la pesca italiana, il Consiglio Europeo ha poi deciso di effettuare dei tagli drastici sulle uscite in mare. L’obiettivo che guarda al 2026 è il taglio del 40% dello sforzo di pesca. Ed è questo l’allarme che lanciano Federpesca e Coldiretti Impresapesca. Ora i pescherecci italiani, si tratta di circa 2000 unità da pesca che utilizzano il sistema di pesca a strascico, sono a rischio. Queste producono circa il 50% del valore del prodotto ittico italiano e sono i settori più importanti della flotta italiana nelle aree di pesca adriatiche, tirreniche e nel Canale di Sicilia. Il Decreto è stato messo in campo dal Ministero delle Politiche Agricole seguendo le disposizioni fornite dall’Unione Europea e dal Consiglio Generale della Pesca nel Mediterraneo. Federpesca e Coldiretti chiedono allo stesso Ministero e al Governo di tornare sui propri passi e riconsiderare il settore ittico cambiando la strategia che si intende mettere in opera. Un settore che vanta nel complesso 12mila imprese che danno occupazione a 28mila lavoratori, senza considerare l’indotto che vi gravita intorno, non è in grado di sopportare tagli così drastici alle proprie attività. La Cisoa, Cassa Integrazione Salariale Operai Agricoli, che è stata appena allargata agli operai della pesca in questo momento rappresenta solo un costo ulteriore per le aziende ma ora non ha supporti finanziari senza i quali non può includere i fermi obbligatori e aggiuntivi. Ora i tagli dello sforzo di pesca e della conseguente attività di pesca, mettono a rischio il prodotto italiano. Infatti la domanda per essere colmata avrà bisogno di prodotto proveniente dall’estero, sostituendo sui banchi del mercato il prodotto made in Italy con altro straniero, che non è detto proverrà da coste europee ma da coste mediterranee che non sono soggette alle rigide norme dell’Unione. La possibilità sarà quella che pesce egiziano, tunisino, turco e libico invaderà le nostre tavole. Per quanto riguarda la situazione percepita dalla marineria clodiense, quella che si vede ormai come realtà è che, anno dopo anno, le giornate di fermo obbligatorio saranno aumentate, diventando in numero tale da rendere problematico il mantenimento di una unità da pesca obbligando l’armatore a disarmarla in quanto non più remunerativa. Un rischio che Chioggia non può assumersi avendo un’economia che vive anche e soprattutto di pesca. Con le nuove restrizioni le barche più grosse lavoreranno dai due ai tre giorni alla settimana, troppo poco perché l’attività economicamente valida. Oggi è stata la prima giornata di pesca seguendo le nuove restrizioni e la categoria si sente abbandonata. La cappa di incertezza si fa sempre più cupa e proprio nel settore che fino ad oggi ci ha visto come un’eccellenza.

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