Le riunioni si susseguono, talvolta per ogni singola categoria e talvolta vedendo di riunirle insieme in discussioni che possano coinvolgere tutte, come tutte sono coinvolte, anzi travolte, dagli stessi problemi.
Il caro gasolio non è un problema accantonato, il prezzo al litro resta alto e l’influenza del prezzo incide in modo importante, riducendo le parti che vanno suddivise tra l’armatore e i marinai.
Tanti armatori, ritenendo antieconomico uscire in mare a causa non solo dell’aumento del carburante ma anche del calo del prodotto disponibile, pensano di fermarsi tra un paio di settimane, ben distanti dal fermo obbligatorio di luglio.
Numerose le spese aumentate, non solo quelle riguardanti la gestione della barca, l’attrezzatura il suo mantenimento in buono stato ma anche la spesa che riguarda gli uomini a bordo come, ad esempio, è aumentato il minimo garantito anche se l’armatore fa sempre maggior fatica ad assicurarlo.
L’ultima cosa che vorrebbero gli armatori è sbarcare l’equipaggio, farlo ha sicuramente un costo, ma non vogliono neppure lasciare i loro uomini a casa senza un lavoro.
I marinai non sono tutelati, non hanno la cassa integrazione e la cisoa per il momento chiede pagamenti agli armatori ma non è adeguata al settore pesca e non elargisce nulla agli uomini.
Il 20% promesso per mitigare le spese aumentate a causa del caro gasolio non sembra essere ancora a norma di legge ma gli stessi contributi dei fermo pesca dello scorso anno devono ancora arrivare alle tasche dei pescatori e sarebbero anch’essi un ristoro per la categoria.
E i sindacati? Per il momento sindacati e armatori non sembrano essersi sentiti e ora più che mai sembrerebbe utile un confronto. Sono gli stessi armatori a vedere una situazione nera ma abbandonare l’equipaggio o parte di esso sarebbe solo l'ultima spiaggia.
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