“Il Distretto di Pesca del Nord Adriatico esprime grandissima preoccupazione per il perseguimento da parte dell’Unione Europea di politiche mirate alla riduzione dello sforzo di pesca consentito di almeno il 15 per cento nell'ambito del Piano di gestione del Mediterraneo occidentale. L'eventuale applicazione di tale misura risulta completamente avulsa dalla realtà dell'Adriatico Settentrionale e dal drammatico contesto in cui si trovano ad operare le imprese di pesca di Veneto, Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia”. Così l’assessore veneto alla Pesca Cristiano Corazzari, in qualità di coordinatore del Distretto di Pesca del Nord Adriatico, di cui fanno parte le Regioni di Veneto, Emilia-Romagna, Frilui-Venezia Giulia, commenta la notizia della proposta da parte dell’Unione Europea di ridurre ulteriormente il plafond di giornate a disposizione delle imbarcazioni italiane per la pesca a strascico nel 2022.
“Nel 2019 e nel 2020 i Piani di gestione relativi alla GSA 17 ‘Mar Adriatico centro-settentrionale’ e alla GSA 18 ‘Mar Adriatico meridionale’ avevano previsto una riduzione dello sforzo di pesca del 10 per cento, misura accettata responsabilmente dalle marinerie italiane – prosegue l’assessore Corazzari - L'eventuale ulteriore riduzione ora proposta risulta del tutto inaccettabile, sia per le modalità con cui tale proposta viene avanzata, sia per il periodo drammatico che le imprese di pesca stanno vivendo a causa della fortissima riduzione dei consumi legata all'emergenza sanitaria in atto”.
Lo scorso 23 aprile 2021, il Comitato di Gestione del Distretto di pesca del Nord Adriatico, composto dagli Assessori alla Pesca delle tre regioni coinvolte, aveva formalmente approvato, ai sensi dell’articolo 4 del D.M. 23 febbraio 2010, un documento sulla grave situazione venutasi a creare, chiedendo al Ministro per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali di farsi parte attiva per salvaguardare la specificità delle imprese di pesca dell’Adriatico centro-settentrionale. Il documento fissa i seguenti punti:
La salvaguardia delle risorse ittiche e l’applicazione del principio dello sviluppo sostenibile non possono essere attuate soltanto attraverso una progressiva e costante riduzione delle giornate di pesca. Risulta opportuno rivedere il meccanismo alla base delle politiche europee di gestione della pesca orientato prevalentemente a comprimere l’attività degli operatori, in carenza di evidenze scientifiche aggiornate che dimostrino come la riduzione dello sforzo di pesca consenta di tutelare maggiormente la fauna marina.
L’opportunità e la necessità a che le misure gestionali definite dai provvedimenti a carattere europeo e nazionale prevedano fin dall’inizio dei meccanismi di valutazione
dei loro effetti sulla matrice ambientale nonché sulla sostenibilità economica e sociale, basati su dati di tipo tecnico e scientifico, che consentano di adattare e rimodulare le misure predefinite alla luce dei riscontri ottenuti con un approccio dinamico.
Va peraltro rimarcato che la sostenibilità prevista dalle vigenti normative europee si regge su tre pilastri: sostenibilità ambientale, sostenibilità economica e sostenibilità sociale, tre aspetti che devono tenersi in equilibrio.
di mitigare l’approccio della politica comune della pesca rispetto alla tutela del mare, ristabilendo un equilibrio maggiore tra le tre componenti della sostenibilità (economica, sociale ed ambientale), difendendo così il diritto al lavoro dei pescatori e degli armatori italiani;
per l’area dell’alto-medio Adriatico, 5 anni di congelamento del numero delle giornate di fermo pesca aggiuntive. In questo periodo di tempo verificare gli impatti delle misure di contenimento fino ad ora prese e sperimentare modelli di gestione sostenibile da un punto di vista ambientale, sociale ed economico, al contempo misurare la diminuzione dello sforzo di pesca e i trend delle catture prima di programmare ulteriori giorni di fermo.
di verificare lo stock assessment del 2020 in tempi rapidi e affrontare in modo adeguato le accelerazioni dei cambiamenti climatici e le interazioni tra temperatura, salinità, acidificazione e competizione tra specie.
che il sostegno alla pesca sia preso in considerazione come settore strategico delle comunità costiere e delle loro economie. Dare un sostegno dovrebbe essere una priorità da parte della Commissione Europea, proprio per mitigare gli effetti di queste misure di contenimento dello sforzo di pesca e dei cambiamenti climatici.
che le opere infrastrutturali e con finalità energetiche programmate nel medio-alto Adriatico (trivelle, parchi eolici, porti offshore), con prevedibili ripercussioni sulla risorsa ittica e sui sedimenti, prevedano il coinvolgimento del mondo della pesca professionale con un approccio complessivo eco-sistemico.
di valutare l’opportunità di modificare le classi di lunghezza FT delle navi da pesca al fine di applicare le più opportune misure di mitigazione in maniera diversificata e puntuale per le diverse metodologie di pesca.
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