La grande pesca, quella d’altura, vive i suoi problemi ma non dobbiamo scordare che nella nostra laguna vivono anche altri tipi di pesca, i quali sopportano e affrontano problematiche diverse.
Abbiamo avuto modo di affrontare l’argomento con un pescatore di vongole veraci e non sembra che neppure questo settore se la passi troppo bene.
Parliamo di pescatori in regola che pagano concessioni e che cercano di gestire la risorsa che fanno crescere nei loro allevamenti.
I territori acquei in cui lavorano sono del Magistrato alle Acque di Venezia che le concede a cooperative, le quali, a loro volta e facendo il proprio debito guadagno le sub-concessionano ai singoli pescatori che arrivano a pagare anche 500 euro per ettaro.
La laguna, come il mare, sta subendo dei cambiamenti morfologici e chimici dovuti a vari fattori. Contribuiscono la realizzazione del Mo.S.E. e delle dighe, che cambiano il corso d’acqua e le correnti superficiali e profonde; la salinità, la cui concentrazione aumenta a causa delle scarse piogge e varie altre concause che rendono, nel nostro territorio, l’area che va da Pellestrina al ponte Translagunare non più lavorabile. Restano attivi gli allevamenti che si trovano più o meno nella zona conosciuta come Sacca Toro, situata tra la Strada Statale 309 Romea e la strada bassa, l’Arzerone.
I caparossolanti non sentono il problema attuale delle meduse ma subiscono i danni che derivano dalla presenza di murici, i bulli, i quali, a causa dell’alta salinità e non avendo predatori, prosperano in maniera spaventosa e si cibano di tutto ciò che trovano, vongole veraci incluse. L’enorme presenza di bulli nel territorio era palese dal tappeto dei loro gusci che quest’inverno ricopriva l’arenile di Sottomarina.
All’opera di distruzione della risorsa messa in atto dalla natura e dai cambiamenti climatici si aggiunge l’opera dell’uomo.
La semina del prodotto che si forma in maniera naturale spetterebbe di diritto ai pescatori che pagano la concessione per l’allevamento, ma viene predata dai pescatori abusivi che ne fanno razzia, non visti, su barchini con motori potenti per scappare dai controlli della Guardia di Finanza e della Capitaneria di Porto.
Ai pescatori regolari non resta che acquistarla proveniente dalla Francia, dall’Olanda perfino dall’America, pagandola quasi a peso d’oro, si arriva a 1000 euro al chilo.
La semina, perché sia pronta per essere raccolta, deve attendere un paio d’anni, in modo che il prodotto raggiunga dimensioni commerciabili. In attesa che la risorsa raggiunga la maturità i pescatori sono in balia degli eventi.
Il problema più grosso per il settore è l’abusivismo. Il controllo dovrebbe spettare alla cooperativa che cede le concessioni la quale lo scorso hanno aveva assunto delle guardie armate spendendo 800mila euro senza raggiungere il risultato voluto. La razzia si è compiuta comunque. Non si tratta solo dei pescatori abusivi, lamenta il pescatore che ci ha contattato, la pesca dei caparossoli, vista la facilità con cui la si mette in opera, è praticata da tanti che lo fanno per il proprio fabbisogno e anche come secondo lavoro, disinteressandosi se l’area in cui vanno a raccogliere sia una concessione o meno. La raccolta abusiva delle vongole veraci sembra quindi essere un lavoro molto remunerativo e viene praticata troppo spesso e con troppa facilità, dando guadagni consistenti.
Le spese influiscono non poco sul guadagno e la voce più alta è quella della semina che non tutti si possono permettere. C’è chi arriva a spendere anche 15mila euro senza avere la certezza che il raccolto del prodotto sia poi remunerativo.
Si tratta di un settore in cui si contano circa 700 operatori, non un mestiere di nicchia quindi, e i territori di allevamento vanno da Burano a Pellestrina fino a Chioggia.
Il settore è in sofferenza, molti barchini sono in vendita sui siti appositi e molte concessioni dei vivai vengono restituite.
Sopravvivono, e bene, i pescatori abusivi.
Una tradizione, un mestiere che rischia di scomparire e che per sopravvivere necessita almeno di un maggior controllo
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