mercoledì 28 aprile 2021

RIPRISTINO DI AMBIENTI MARINI PER INCREMENTARNE LA BIODIVERSITÀ CON LA PARTECIPAZIONE DI PESCATORI, GLI ESITI STAMANE IN UNA CONFERENZA

Oggi, in videoconferenza, Coldiretti Impresa Pesca Rovigo ha presentato il progetto “Ripristino di ambienti marini incrementandone la biodiversità con la partecipazione dei pescatori”, finanziato dal Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca nell'ambito della programmazione dal 2014 al 2020.
Il progetto è stato reso possibile dalla Regione Veneto, che vi ha visto l'importanza strategica, ed è stato pensato nel 2018 in una collaborazione che ha visto affiancate Coldiretti Impresa Pesca Rovigo, Università di Ferrara e operatori del settore pesca e acquacultura. Avrebbe dovuto realizzarsi tra il dicembre 2019 e il dicembre 2020 ma, a causa della pandemia, è stato procrastinato fino al luglio 2021. Coldiretti rappresenta, per quanto riguarda Rovigo, circa 5000 aziende produttrici del settore primario e, negli ultimi anni, ha potuto verificare l'esigenza da parte dei consumatori di essere maggiormente informati sulla salubrità dei prodotti che arrivano sulla tavola e sulla tutela dell'ambiente in cui i prodotti destinati all'alimentazione crescono e si nutrono.
Iniziare a parlare di biodiversità, ambiente e la sua tutela anche nel mondo della pesca può contribuire a dare al prodotto che viene messo sul banco un valore maggiore. Nasce quindi, proprio dal settore della pesca, la consapevolezza che il pescato debba svilupparsi e crescere in un ambiente sano. In quest'ottica si inserisce il progetto che inizialmente vede attivarsi due cooperative di mitilicultori di Scardovari e della Pila oltre a una equipe di sommozzatori professionisti (S3 di Padova) per raccogliere i residui plastici abbandonati sul fondo del tratto di mare interessato. A questa operazione si è affiancata la collaborazione di sei pescherecci di stazza importante della flotta di Chioggia, associati a Coldiretti, per raccogliere un campionamento dei rifiuti depositati davanti alle nostre coste.



L'equipe dell'Università di Ferrara ha potuto quindi analizzare i campioni, portando in evidenza i dati ottenuti in modo che attorno ad essi si potesse creare una nuova sensibilità, rivolta alla tutela del mare in quanto tutela del lavoro di chi opera nel mondo della pesca. L'area analizzata è un recettore di tutto ciò che scende dalla pianura padana attraverso i fiumi, e di ciò che giunge a causa del sistema di correnti di superficie e di profondità dal bacino del Mediterraneo. Inevitabile quindi che l'alto Adriatico sia un ricettacolo di materie plastiche: ciò che è stato recuperato è costituito per lo più dalle retine usate nella miticoltura e da altri prodotti costituiti soprattutto da polipropilene, molti dei quali facenti parte delle attrezzature usate per la pesca.



Ciò a causa dei luoghi scelti, deputati alle attività di pesca, appunto, e a causa di importanti eventi atmosferici, sempre più frequenti negli ultimi anni, in grado di causare seri danni alle strutture, e di trascinare in acqua i materiali di cui i pescatori si servono per poter portare a termine le operazioni di raccolta. L'attenta disamina della situazione illustrata dal dottor Mistri, professore ordinario di Ecologia all'Università di Ferrara, ha portato alla conclusione che più della metà delle dieci tonnellate di rifiuto recuperato nello spicchio di mare interessato dal progetto è costituito da calze per mitili, oltre ad altri materiali riconducibili al mondo della pesca, per un totale di 7682 chilogrammi contro 764 chili di rifiuto vario e 1301 chili di legname, questo proveniente principalmente dall'apparato fluviale durante le piene.



Va da sé che diventa fondamentale riuscire a gestire il rifiuto che proviene dal mondo ittico proprio per tutelare la pesca stessa. L'interrogativo è come poterlo fare. Ora ciò che viene recuperato, seppur costituito da plastica non può essere più riciclato. Essendo materiale contaminato da microorganismi e da ciò che vive in mare, deve passare necessariamente attraverso il termovalorizzatore. Il passaggio da un'economia lineare a una economia circolare, verso il recupero anche del rifiuto proveniente dal mare, deve avvenire attraverso l'aumento della quota dei rifiuti che vanno verso il riciclo anziché verso la termovalorizzazione. Ciò può essere possibile perchè la maggior parte del prodotto plastico recuperato è costituito da un unico polimero, il polipropilene.



Ora per il riciclaggio del materiale recuperato in queste condizioni ci sono sistemi ad alto impatto ambientale. Il team dell'Università di Ferrara sta cercando tecnologie a basso impatto ambientale in grado di pulire i materiali ricoperti di organismi vegetali e animali per poterli inviare nella catena del riciclo. Non si hanno ancora idee sui costi che questa tecnologia ancora in studio potrà avere, essendo ancora in via sperimentale ma si spera che nel percorso la Regione Veneto continui a essere di sostegno. A breve partirà la seconda parte del progetto: la divulgazione nelle scuole, nelle cooperative e tra i pescatori in modo da rendere più consapevoli gli operatori attuali e gli operatori di domani su quelle che potrebbero essere le alternative per poter avere un mare più sano e più salubre.



Alla conferenza erano presenti per la Regione Veneto Luca Tenderini e Giuseppe Cherubini, responsabili del settore pesca, che vedono l'importanza dello studio di nuove bioplastiche per eliminare il problema dell'inquinamento all'origine, anche se le tecnologie attuali non sono in grado di presentare un prodotto adeguato all'uso nella mitilicoltura. Fondamentale è che i pescatori si rendano conto che la tutela del mare è la tutela delle proprie imprese, che daranno lavoro alle giovani generazioni.

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