Sono trascorsi ormai 46 giorni dal naufragio del peschereccio Adelinda, affondato il 7 settembre scorso nel canale San Domenico a Chioggia, dopo qualche mese di disarmo. Da allora, il recupero tentato più volte non ha mai avuto luogo, e lo scafo si trova transennato in "bella" vista (si fa per dire) nei pressi del mercato ittico all'ingrosso. Della questione si occupa il consigliere comunale e regionale Marco Dolfin, che ricorda come tra una settimana verranno celebrati i 60 anni dalla costruzione dello stesso mercato: «Il relitto non è certo un bel biglietto da visita - commenta l'esponente della Lega - oltre a costituire un pericolo per l'ambiente in un canale navigato da pescherecci in ormeggio, manovra e scarico».
L'Adelinda è ormai diventata una sorta di "attrazione" per le fotografie di turisti e residenti, come accadde all'isola del Giglio per la nave Costa Concordia: la sua rimozione era stata ostacolata sia dalle proporzioni della falla e dalla difficoltà di intervenire con mezzi normali, ma anche -a quanto pare- dalle condizioni economiche dell'armatore, che aveva lasciato appunto la barca in disarmo. «A questo punto - prosegue Dolfin - le autorità intervengano a prescindere. La competenza è del Provveditorato alle Opere Pubbliche, della cui azione siamo ancora in attesa dopo una presa di posizione forte anche da parte della Capitaneria di Porto, e i solleciti del Comune e di SST».
È l'inerzia a lasciare perplesso il politico chioggiotto, che invoca una soluzione: «Potrebbe essere la Fondazione della Pesca ad anticipare i fondi necessari alla rimozione, rivalendosi in seguito. Certo è che non si può lasciare il natante in quelle condizioni. Come l'ho fatto presente all'assessore regionale Corazzari -il quale non ha la competenza per intervenire- anche il Comune muova i propri contatti a Venezia o nei ministeri, affinché il relitto vada collocato dove non può nuocere».
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