Il rammarico dei pescatori è tangibile di fronte a questo ennesimo smacco che viene dato alla categoria. Ciò che inasprisce gli animi adesso è quanto viene comunicato riguardo i fondi stanziati dal Ministero al Consorzio Venezia Nuova per pagare i debiti pregressi e poter continuare con i lavori, a cominciare dalle opere di compensazione, quali il porto rifugio e le conche di navigazione.
E le parole dell'armatore Elio dall’Acqua sono dure: “Per chi lavora nella pesca e che deve rientrare in porto in una giornata di maltempo, trovarsi davanti le barriere del Mo.S.E. sollevate non costituisce una bazzecola. Tra le dighe il maroso è ancora più feroce di quanto lo si può trovare in mare aperto e mantenere la stabilità della barca preservando la distanza dalle altre che devono rientrare in porto, non è facile. È pericoloso. Si parla di sicurezza. I pescatori non vengono messi in condizione di sicurezza nel momento in cui si attivano le barriere senza tenere conto del numero delle unità da pesca che si trovano in mare aperto e che devono rientrare.
La categoria viene invitata dagli stessi rappresentanti regionali a rivolgersi a un avvocato per far valere i propri diritti .
Si sentono rassicurazioni sul fatto che si sarà risarciti delle giornate perse a causa del Mo.S.E. Non si sentono i sindacati esprimersi a riguardo.
Si sentono sprecare parole al momento ma alle parole deve seguire concretezza, ora servono i fatti.
I problemi attuali sono numerosi: due anni di pandemia con conseguente calo della richiesta a causa delle difficoltà vissute dagli Ho.Re.Ca, il problema Mo.S.E. che non vede soluzioni, le barche ferme all’ormeggio per causa covid, contagi o quarantene, marinai che si sbarcano in quanto è più conveniente stare a casa con il reddito di cittadinanza che fare la dura vita del pescatore”.
I fondi per il taglio delle barche saranno troppo pochi per accontentare tutti coloro che intendono aderirvi e saranno molte le domande che non saranno soddisfatte.
Un mestiere che passava di padre in figlio e che si continua a fare solo perché c’è un immenso amore per il mare.
Il caro gasolio è solo l’ultimo in ordine di tempo tra i problemi che sta vivendo sulla propria pelle la categoria. Sta aumentando il costo delle reti, dei cavi d’acciaio e di tutto quello che serve per armare una barca e metterla nelle condizioni di lavorare.
La categoria si sente vicina al punto di non ritorno. Servono misure concrete e urgenti. Serve consapevolezza che il punto di non ritorno non riguarda solo la categoria dei pescatori e dell’indotto ma tutti coloro che del pescato italiano vivono.
Nessun commento:
Posta un commento